Yoga

5 Lezioni Yogiche che mi ha insegnato il Corona Virus

Sarò io che vedo lo Yoga dappertutto, bo’…ma queste prime settimane di ritiro forzato a causa del malefico Virus sono state per me importanti, perché mi hanno dato la possibilità di “praticare” aspetti importanti dello Yoga, anche oltre il tappetino.

Sono principi Yogici che ho studiato e ri-studiato ma che ora, questo Virus mi sta facendo sperimentare concretamente, sulla pelle.

Voglio condividere questi insegnamenti perché mi sembra un’ottima occasione per fare qualcosa a cui tengo molto, comunicare che lo Yoga non è solo posizioni del corpo, ma un vero e proprio percorso di Crescita Personale e autorealizzazione.

È vero che lo Yoga è 1% teoria e 99% pratica, con pratica però non si intende solo quella sul tappetino, ma praticare TUTTI gli aspetti dello Yoga.

Lo Yoga infatti non è solo posizioni, gli Asana (appunto le posizioni) sono solo un “Ramo” degli 8 rami che compongono l’Albero dello Yoga. 

I primi due rami dello Yoga sono quelli più nascosti che nell’immaginario “Albero dello Yoga” ne compongono le radici, la base, il punto di partenza: Yama e Nyama. 

Gli Yama sono regole di comportamento che lo Yoga consiglia di tenere nei confronti degli altri, mentre gli Nyama sono regole di comportamento da tenere verso noi stessi. 

Ecco quali tra gli Yama e Gli Nyama il Corona Virus mi sta costringendo a praticare, con, lo ammetto, non poca fatica:

 

#1. Satya: la verità

È il secondo dei 5 Yama e letteralmente viene tradotto con dire la verità. Si riferisce alla virtù di essere onesti e sinceri con se stessi e con gli altri nel pensiero, nelle azioni e nella parola. 

Il suo significato però è molto più sottile di quello letterale è abbraccia tutti gli aspetti dell’esistenza. 

La domanda da porsi per comprendere a fondo questo Yama è: perché mentiamo?
La risposta è semplice: perché vorremmo essere diversi da quello che siamo, perché poniamo le aspettative degli altri davanti alle nostre.

Quando siamo noi stessi, completamente noi stessi, non si presenta in noi il bisogno di mentire, né a noi stessi, né agli altri. 

In queste settimane di ritiro forzato ho avuto l’occasione, il tempo e lo spazio di essere completamente me stessa.

Ho avuto modo di riflettere sulla mia difficoltà di dire no a delle situazioni sia lavorative che sociali, che, mi richiedevano un eccessivo sforzo energetico.

Questo virus ha distrutto tutto ciò che nella mia vita non era davvero autentico. 

Ora, mentre scrivo questo articolo, o ieri, mentre facevo la pasta in casa con mio figlio, ho praticato Satya.

Sto facendo delle cosa davvero importanti per me. Non sto mentendo né a me stessa né agli altri. Sono sincera, onesta. Sto praticando Satya. 

 

#2. Asteya: non rubare  

Steya in sanscrito significa rubare perciò, asteya è il suo opposto cioè non rubare. Non impossessarci di ciò che non ci appartiene. Asteya è il terzo dei 5 Yama e come per gli altri il significato va oltre quello letterale e si estende fino ad arrivare al concetto di Gratitudine.

La domanda chiave è: perché desidero ciò che non ho?

Semplice, perché non presto attenzione a ciò che ho e sono convinto che la mia felicità dipenda da ciò che è esterno a me.  

Nel momento in cui sposto l’attenzione da ciò che non ho e che vorrei, verso ciò che già ho e ci faccio caso, ecco che sboccia la gratitudine.

Quando mi rendo conto che la felicità, quella vera, non risiede in una macchina nuova o una casa più grande, ma risiede dentro di me, ecco che smetto di desiderare ciò che non ho.

In questi giorni di difficoltà, costretta nello spazio della mia casa, mi sono resa conto del valore di ciò che ho: una casa calda e accogliente, l’acqua calda, un computer e un telefono che mi consentono di restare in contatto coi miei cari e con le persone che amo. 

Ecco le persone che amo. Anzi la lontananza dalle persone che amo. Tanti di noi sono lontani dai propri cari. Magari distano solo pochi chilometri, ma non possiamo abbracciarli, godere della loro presenza.

Fa male… ma in questo dolore ho trovato un grande insegnamento. Quelle persone non sono nostre. Non le possediamo. Le persone, come le cose infondo, non si possono possedere. Vanno. Vengono. Come le nuvole direbbe De Andrè.

Anche se ci riferiamo a loro con un aggettivo possessivo (MIA madre, MIO figlio, “IL MIO ragazzo) non ci appartengono e non possiamo pretendere di possederle. Questo è vero sempre, ma il “malefico” Virus ci costringe a prenderne atto.

Contemplando il cielo stellato in queste notti serene, ho riflettuto sul fatto che anche le stelle sono bellissime ma non possiamo possederle, non possiamo afferarle. Ma sono lì, ogni notte.

Allo stesso cerco di pensare alle persone che vorrei abbracciare, non sono qui con me adesso, ma ci sono e illuminano la mia esistenza, come le stelle illuminano il buio della notte.

Presto potrò di nuovo godere della loro presenza fisica, ma lo farò in modo nuovo. Senza possesso, senza pretese, senza aspettative. Semplicemente grata della loro esistenza <3 


#3. Aparigraha: il non attaccamento

Aparigraha è l’ultimo dei 5 Yama ed è il non attaccamento, l’assenza di avidità, di invidia, la libertà dal desiderio, il vivere con generosità senza aspettarsi nulla in cambio. 

Questo Yama ci suggerisce che abbiamo già tutto ciò di cui abbiamo bisogno. L’avidità e l’invidia sorgono quando pensiamo di non avere abbastanza. 

Il caro Corona Virus ci ha messi tutti sullo stesso piano. TUTTI. In TUTTO il mondo. Finalmente mi viene da dire. 

Di fronte a lui non abbiamo nessuno da invidiare. Al massimo possiamo provare compassione per chi in questo momento soffre, o ammirazione per chi è in corsia a lavorare giorno e notte per salvare vite umane. 
Di fronte al Virus siamo UNO. Tutti nella stessa barca.

Aparigraha suggerisce di lasciar andare il superfluo, liberarci di tutto ciò che non ci è necessario. Non accumulare alcuna cosa. Non accettare nulla che non sia essenziale per il mantenimento della vita e delle attività fondamentali. Non accumulare oggetti non necessari con la scusa che potrebbero tornare utili in futuro. 

In pratica, Aparigra ha richiede una drastica semplificazione della propria esistenza. Tornare all’essenziale.

Ed eccoci che dobbiamo fare la spesa una volta a settimana, che siamo obbligati a ridurre al massimo gli spostamenti. A farci bastare quello che c’è. SOLO lo stretto indispensabile.

È strano ma in questa privazione ho sentito un grande senso di libertà. Sì, può sembrare contraddittorio. Ma mi sono sentita libera da ogni sovrastruttura e nell’essenziale ho preso un gran respiro di sollievo come dopo una lunga apnea dovuta alle troppe cose da fare, troppe cose a cui pensare. Aparigraha ci insegna che la libertà sta nell’essenzialità. Infondo, meno cose abbiamo a cui pensare più siamo liberi.

Ma questo Yama non si limita a suggerire il distacco dalle cose, ma anche dalle azioni, dai risultati: IL DISTACCO DAL RISULTATO, agire senza aspettarsi nulla in cambio. 

È uno dei concetti spirituali più importanti per me, che ritroviamo TUTTE le discipline spirituali.  

Fare ogni cosa con il cuore libero dal risultato che otterremo. Farla e basta, con totale presenza. Come i medici, come gli infermieri. Come le centinaia e centinaia di persone che stanno continuando gratuitamente a trasmettere i loro insegnamenti.

Quando facciamo qualcosa solo motivati dall’amore di farla e con la totale presenza, tornerà indietro tanto ma tanto, ma tanto di più di quello avevamo anche solo immaginato.

 

#4. Tapas: L’Autodiscoplina, l’Ardore.

Tapas è il terzo Nyama e letteralmente viene tradotto come austerità, disciplina o ardore. Lo so che “disciplina” è una parola che non ti piace, ma Tapas evoca anche il concetto di passione, determinazione e coraggio. Suona meglio adesso? 

Lo scopo è eliminare le impurità, fisiche, mentali ed emozionali. 

Wow! Sì le voglio eliminare. Come si fa?

Semplice: con la Pratica. Perché è proprio il fuoco interiore prodotto dalla pratica che brucia tossine fisiche e mentali, giorno dopo giorno, respiro dopo respiro.

Tapas ci invita a praticare con disciplina, ogni giorno anche quando non ne abbiamo voglia. Anche quando il divano ci tiene incollato a lui, quando il tempo scarseggia, quando la mente, coi suoi giochetti ci invita a rimanere a letto…dai oggi salto, pratico domani. 

Per me Tapas significa riconosce il proprio POTERE PERSONALE. È la trasformazione che SOLO noi possiamo agire su noi stessi.

È LA TRASFORMAZIONE DI NOI STESSI A PARTIRE DA NOI STESSI.

Nessun Guru, nessun maestro, nessuno psicoterapeuta, nessun mago della lampada può trasformare la nostra vita. Possono darci ottimi stimoli, certo, ma il lavoro sporco è nostro. Solo nostro.

Il maestro può dirci dov’è il pozzo, dov’è il secchio, dov’è la corda, può anche andare a prenderci l’acqua, ma se abbiamo sete dobbiamo essere noi a  bere. Nessuno può farlo al nostro posto. 

Tapas è lì a ricordarcelo con sguardo severo.

Quando è iniziata la quarantena ero quasi contenta…finalmente avrò tutto il tempo che voglio! Ma la situazione è più difficile del previsto. Abbiamo perso i nostri ritmi, il tempo è dilatato, siamo a tu per tu con noi stessi e la gestione del nostro tempo.

E non è facile. Non è facile per niente perché le emozioni, soprattutto quelle negative come la paura, lo scoraggiamento, lo sconforto ora hanno molto più spazio e terreno fertile. 

E in situazioni come queste che la pratica ci aiuta. Ci aiuta nel suo scopo più alto: evitare che la mente scivoli come un sasso in discesa verso il basso. Senza il sostegno della pratica sarà così perché il lavoro della mente è proteggerci e metterci in guardia dai pericoli. Senza una pratica costante le minacce saranno ovunque. OVUNQUE. L’untore potrebbe essere chiunque. CHIUNQUE. 

Il rischio è alto: IMPAZZIRE. 

Ma tu non sei la tua mente. Tu sei altro, sei molto, molto, molto di più e solo la pratica, costante e disciplinata può portarti a questa consapevolezza. 

Può permetterti di fare un passo indietro, prendere le distanze dai tuoi pensieri e dalle tue emozioni. Può salvarti dal vero Virus: le scorie mentali nella tua testa.

E con pratica non intendo fare un’ora di Asana ogni giorno. Può essere anche solo trovare 5 minuti per fermarti ad osservare la mente, oppure sederti e fare 3 respiri consapevoli.

Non è importante quale tipo di pratica si decide di fare, la cosa fondamentale è che la si faccia con massimo impegno, con cuore aperto e con costanza.

Forse il vero Virus è una società che ci fa credere che tutto sia raggiungibile senza sforzo.

Tapas è lì che ci ricorda invece che lo sforzo non solo è necessario ma può anche diventare piacevole…a patto di innamorarsi del percorso.

Trova la tua pratica, qualsiasi essa sia e falla. Ogni giorno! Sarà un viaggio bellissimo, ricco di ostacoli e vittorie <3 

Buona Pratica !

 

#5. Isvarapranidhana: la Resa al Divino 

È l’ultimo dei 5 Niyama. È l’ultimo perché è il più difficile.

Che lo Yoga non era un percorso facile l’ho capito la prima volta che ho srotolato il tappetino, ma quando mi sono ritrovata a tu per tu con questo Nyama ho capito che il percorso era molto più difficile di quel che pensavo. 

La frustrazione sul tappetino di fronte alle rigidità del mio corpo sono nulla di fronte al lasciarsi andare, all’abbandonarsi con fiducia, all’ arrendersi fiduciosi a qualcosa di più grande.

A chi? A Cosa?

A Dio. Al Sé Superiore, all’Intelligenza Divina che permea tutte le cose. 

Anzi…è facile pensare che tutto ciò che accade è giusto e fa parte di un grande disegno divino quando tutto va alla grande. Ma quanto è difficile riuscirci di fronte alle difficoltà. Quanto è difficile riuscirci quando le cose non vanno, quando un virus letale minaccia di uccidere i nostri cari, quando siamo costretti a non uscire di casa…quanto è difficile avere fede, perché di questo si tratta, di fronte alla malattia, la povertà, la fame, la guerra, la morte.

È lì che ti voglio.

Diciamocelo. Siamo dei privilegiati. In questo momento abbiamo tutti in mano un telefono. Abbiamo una casa, facciamo yoga…perché dai, diciamocelo, fa anche un po’ figo comprarsi un mala e mettersi a meditare ai tempi d’oggi. 

Infondo lo yoga mi tonifica i glutei, la meditazione migliora la concentrazione e la produttività. Ma quello non è Yoga. Yoga è spiritualità. Non religione, ma spiritualità (che è molto diverso). 

Nello Yoga nessuno ci chiede di credere a quello o all’altro Dio, ma di affidarci con fiducia ad un unico, grande, onnicomprensivo essere divino che tutto permea, che è intorno a noi, ma è anche dentro ognuno di noi e che vuole il nostro bene, che è fonte di gioia, pace, beatitudine, serenità…ma è ben nascosto, oltre i veli della mente, dei desideri, dell’ego, delle ambizioni, delle convinzioni. È nascosto nel luogo dove è più difficile dove cercare: dentro di te. 

Come praticare quindi questo Nyama e proseguire il nostro cammino nello Yoga?

La risposta è semplice: occorre iniziare il cammino per poter raggiungere la vetta più alta. 

Inizia dalle cose semplici. Inizia dal tuo corpo. È impossibile arrendersi fiduciosi all’Universo se prima non ci siamo arresi fiduciosi al nostro corpo sul tappetino, non ostinarti con lo sforzo a raggiungere la posizione, lascia che sia, lascia che sia il respiro ad accompagnarti con dolcezza nella posizione e se la posizione non arriva quando e come vorresti, accetta che sia giusto così per te adesso. 

Piano piano, questo allenamento ti aiuterà a comprendere, anzi a sentire col cuore, che tutto ciò che accade è giusto, per te, adesso.

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